La nostra tradizione visiva è compendiaria, greca, naturalista. Benché padri di Galileo, noi siamo l’altro della tradizione olandese: ottica e scientista. I fenomeni ci appaiono innanzi tutto come eventi scenici: historiae diceva l’Alberti. Ci affascina perciò quel che trasforma i fatti logici in eventi visivi.
Dopo anni di convivenza con la fotografia, l’arte e la filosofia hanno appreso che guardare non è vedere, né osservare. Le neuroscienze ci hanno svelato che tutti noi vediamo per frammenti, indizi, accenni dai quali traiamo senso; la creatività vive proprio dove i sensi, la memoria e il carattere riempiono i vuoti di una percezione frammentaria: compendiaria appunto.
L’infinita ridda di indizi e constatazioni porta a verità in conflitto, temporaneamente definitive. Una dolorosa consapevolezza antimoderna cui sono giunti sia l’epistemologia che, per via letteraria diretta, Pirandello: un figlio della Magna Grecia.
Le Photoblurrygraph ci rimettono al centro di questo stato culturale permanente. Sicuri e indecisi, emozionati e cinici, esperti e vergini, andiamo in cerca di ciò che abbiamo davanti agli occhi: nel teatro di historiae di cui paradossalmente ci sfugge la trama, non il senso.
Augusto Pieroni
Augusto Pieroni, Indefinito non vago, in “Enrico Nicolò, Photoblurrygraph, Collana “I Quaderni di Gente di Fotografia”, Gente di Fotografia Edizioni, Modena, 2015”, pag. 34.