Coltivare le acque. Navigando. E misurando la distanza, perché, così dice Hölderlin, “Des Menschen Maaß ist’s”, dell’uomo è la misura. Senza di essa vivremmo come bestie bestialmente rinchiuse in una gabbia. Solo nella misura, poeticamente abitiamo la terra. E questo nostro abitare ruota e si fa sostanza pensando e costruendo. “Costruire Abitare Pensare” sono un’unica cosa. La misura che rende poeta l’uomo.
Fotografare ormai, da tanto tempo, fa parte sostanziale di questo nostro abitare poeticamente la terra – del nostro vivere con la consapevolezza della mortalità, che ci fa pensare e costruire. È un atto misurativo, che giunge ad essere poetico quando visivamente trascende il visibile. O meglio, quando, attraverso il visibile, giunge, come il pensiero e la musica, là dove non è dato arrivare in automobile. Là. Fin dove si spinge Enrico Nicolò con queste fotografie di un uomo che legge, scrive, fotografa e zappa nell’acqua e che, zappando, riporta alla mente l’indovinello veronese creato tra l’VIII e il IX secolo: “Se pareba boves, alba pratalia araba et albo versorio teneba, et negro semen seminaba” (Teneva davanti a sé i buoi, arava bianchi prati, e un bianco aratro teneva e un nero seme seminava). In esso, infatti, si nasconde, o meglio, si metaforizza l’atto dello scrivere – con le dita che sembrano essere buoi che tirano l’aratro sul biancore della pergamena, sul quale spargono il seme nero dell’inchiostro. Bellissimo indovinello! Che mette in rilievo lo strettissimo rapporto tra il coltivare e lo scrivere, il memorizzare da cui discende l’ulteriore pensare, il costruire.
Stando nell’acqua, e coltivando le acque. Così Enrico Nicolò ci porta nel luogo da cui veniamo – il mare – e ci invita a spingere l’aratro più a fondo, verso la leggerezza del volo, al di là della nostra finitezza.
Nelle fotografie di Enrico Nicolò, un personaggio con impermeabile e cappello va verso la linea dell’orizzonte portandosi dietro una scala. Ed è proprio questa a dare significato al cammino, che risulta così del tutto diverso dal semplice camminare per via orizzontale e che si sostanzia invece come un elevarsi. La scala non va considerata come uno strumento. Nel simbolismo di tutte le tradizioni è infatti considerata come una parte dell’essere, vale a dire, della sua capacità di trascendere il limite, non visto come “limitazione umana”, ma come forza innata. Se fosse tout-court un limite, l’uomo non potrebbe oltrepassarlo. Esso è invece superabile in quanto presuppone un raggiungimento. Un luogo cui pervenire.
È verso questo luogo che si muove la fotografia di Enrico Nicolò. Ragione per cui, io la sento vicinissima.
Diego Mormorio
Diego Mormorio, Introduzione al tema Oltre il caos, in “Enrico Nicolò, Oltre il visibile, Polyorama Edizioni, Modena, 2013”, pag. 88.