Oltre l’infinito sublime è il titolo che contraddistingue una serie di scatti fotografici realizzati da Enrico Nicolò tra il 2011 e il 2012.
Ritraggono figure femminili all’interno di porzioni di paesaggio che possiedono simili caratteristiche: tutti sono scenari estremi, alcuni desolati, altri magnifici in cui un solo personaggio, sempre ritratto di spalle, guarda un punto, un qualcosa al di là dell’orizzonte visibile.
La categoria del sublime è immediatamente evocata dalla nudità assoluta della scena in cui la donna si trova. Si percepisce un lavoro di spoliazione da parte del fotografo-regista che ha realizzato mediante una sapiente opera di costruzione scenografica quasi come in un set cinematografico tutte le condizioni che gli necessitavano per suscitare nello spettatore il senso dell’infinito sublime. Esattamente senso e non sensazione perché è della ricerca del senso quello di cui si sta parlando. Non è in gioco solo l’estetica, infatti, lo studio delle categorie legate alle sensazioni percepite ed evocate che hanno a che fare con la bellezza ma anche e soprattutto la ricerca del senso, del significato e allora si ricorre a situazioni in cui la realtà viene ri-costruita in formula simbolica e alcuni scatti sembrano uscire da un universo onirico dove si trovano terre di confine tra la realtà e la finzione, nelle quali si respira la poetica di una natura estrema, a volte desolata, altre incantata, nella quale la solitudine viene sempre dichiarata ma passando attraverso l’essenza della creatura femminile immobile e portatrice di bellezza nella posa, nei lunghi vestiti, appositamente realizzati e privi di una precisa connotazione temporale, o nei capelli quasi sempre sciolti.
È un doppio binario quello sul quale si viene trasportati come su un dolly: da una parte noi spettatori attori che veniamo trascinati inconsapevoli dentro la fotografia avvertiamo il pericolo, l’orrore e lo spavento di essere condotti dentro lo schermo immagine, a stare, a resistere in questa remota solitudine, dritti contro il vento che in alcune pose si avverte nello spostamento quasi geometrico di una veste, dall’altro avvertiamo tutto il fascino di essere introdotti nella categoria del Sacro, di una estremità appunto dell’essere, dove si percepiscono “sovrumani silenzi”.
È una riflessione sul sacro ultimamente quella di Enrico Nicolò, dove si percepiscono suggestioni romantiche nelle atmosfere alla Kaspar Friedrich: anche nell’universo del fotografo come in quello del pittore c’è un essere umano presente alla sua fragilità che si staglia coraggioso verso e contro l’infinito. Testimone e porta, siepe che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude ma anche varco attraverso il quale è possibile intravvedere barlumi e frammenti di infinito.
Per poter scrivere questo effetto, usando, come lui stesso dice, anziché la penna la macchina fotografica, l’autore ha bisogno di esasperare la realtà e in questa esasperazione trapela oltre alla sua formazione romantica la sua passione per il cinema, in particolare per quello poetico caricaturale di Charlie Chaplin o quello così ricco di simboli di Tarkovskji. La prerogativa del romanticismo è infatti ricreare una dialettica capace di rievocare forme di un sogno lontano. Riportare alla luce attraverso elementi simbolici creati in uno scenario costruito come in un set, elementi di mondi scomparsi, per creare universi nuovi emergenti dalla potenza creativa del simbolo e dell’archetipo.
Ed ecco l’acqua, con tutta la sua carica simbolica nella ragazza del fiume e ancora nella ragazza del mare o nella donna della scogliera, nella donna del lago. Il mare immagine principe dell’infinito orizzonte, il lago con le sue profondità ed insidie, il fiume. Quanti elementi trasferiti dalla tradizione pittorica romantica e preraffaellita! I sassi, le pietre, le nuvole. Viene in mente il titolo emblematico del celebre scritto di Morris che del movimento preraffaellita è interprete e teorico: “Notizie da nessun luogo”. È infatti un luogo preciso, quello rappresentato nei fotogrammi, spesso da rintracciare nei famigliari paesaggi abruzzesi ma è ancor di più un altrove, un topos della memoria e delle possibilità.
Giuliana Paolucci
Giuliana Paolucci, Introduzione al tema Oltre l’infinito sublime, in “Enrico Nicolò, Oltre il visibile, Polyorama Edizioni, Modena, 2013”, pagg. 62-63.