Nove scatti che ritraggono attrici del cinema del passato. Le foto scattate con tecnica tradizionale analogica rimandano immediatamente alla pellicola cinematografica nella banda perforata che appare sopra e sotto.
Le dive ci guardano da dentro la copertina di un cineromanzo.
Vecchie riviste, forse abbandonate o dimenticate da qualcuno, poggiano su fondi anomali: un prato, stoppie, sassi, scogli, ciottoli, come sempre nel mondo poetico di Enrico Nicolò frutto di un lavoro di spoliazione per ottenere un paesaggio metafisico, mai usuale, mai scontato, mai banale. Uno spazio che parli all’anima dello spettatore, che faccia vibrare in lui delle corde non solo di superficie.
La bellezza femminea di questi volti è disarmante, appartiene ad un altro mondo, ad un firmamento di cui queste stelle fanno parte. E del quale sono diventate dive, vere e proprie dee. Per più generazioni le attrici qui ritratte hanno rappresentato un modello irraggiungibile, icone da sognare, vere e proprie divinità.
Ma la divinità, si sa, ha come categoria principale l’immortalità. Qualcosa stride con la fragilità e la deperibilità del materiale.
La loro carne paradossalmente, per le divine che abitano ancora la scena di questo mondo, parlerebbe ancora di più del potere distruttivo del tempo. Eppure sono ancora bellissime negli scatti che hanno rubato l’attimo sottraendolo all’ingiuria degli anni.
Appare evidente che un tema carissimo all’autore è il tema del tempo e nella contraddizione interna dei termini di cui il titolo si compone già ci viene suggerita tutta la sua poetica. Dive di carta, icone in celluloide, quasi due ossimori.
Icone, immagini paradigmatiche, qualcosa a cui tutte le ragazze avrebbero voluto assomigliare e che tutti gli uomini avrebbero desiderato amare, ma legate all’infiammabilissima celluloide.
Negli scatti fotografici inoltre ciò che è presente di queste stelle è solo il loro simulacro, la fotografia, riquadrata all’interno di una copertina cartacea. Si ha l’impressione di trovarsi in un gioco di scatole cinesi dove molti sono i rimandi metatestuali tra cui i nomi delle riviste. Emblematici Star e Fotogrammi. È infatti dall’interno dei fotogrammi che le stelle ci guardano.
La magia raggiunge il suo apice nello scatto che presenta Gene Tierney dentro un vestito incredibilmente combaciante con la figura esterna che sorregge e legge la rivista dalla cui copertina sorride la splendida attrice hollywoodiana. Non capiamo il nostro ruolo in questa messa in scena e cosa ci sia realmente dietro il paravento di carta che potrebbe essere specchio, finestra, quadro.
Se analizziamo poi le fotografie nella loro successione cronologica ci rendiamo conto che il paesaggio, gradualmente, dal prato fiorito si scarnifica sempre di più fino a sparire e l’ultima delle due Paquite Rico ci osserva ormai sola nella scena. Ci accorgiamo allora di non essere più solo spettatori perché è finalmente lei a guardare noi.
Giuliana Paolucci
Giuliana Paolucci, testo critico in “Enrico Nicolò, Dive di carta, icone in celluloide (già in “Rivista Abruzzese – Rassegna Trimestrale di Cultura”, anno LXVII, n. 4, pagg. I-XVI, ottobre-dicembre 2014), Rivista Abruzzese Editrice, Lanciano (Chieti), dicembre 2014”, pagg. 3-4.