Con audacia cosciente e determinata, Enrico Nicolò fotografo artista lancia a se stesso sfide interpretative di singolare eccellenza. E sembra raccogliere, e quindi affrontare, soltanto quelle della cui complessa profondità risulti intimamente persuaso.
Così è per Sgridò i venti e il mare, un lavoro che non ha anteriori nella storia della fotografia tout court: operazione di parafrasi visiva che, muovendo dalla base testuale di passi del Vangelo, si articola lungo soluzioni iconografiche messe in scena con originalità a dir poco ingegnosa.
Entrare nel merito delle forme specifiche di tali soluzioni, come in una rassegna che descriva e giustifichi la tecnica e l’effetto di ciascuna di esse, non sarebbe funzionale a una chiosa di compendio sull’estesa serie di immagini. Basti qui rilevare che la dominante opzione per lo sfocato, unita all’esclusività del dato monocromatico, tradisce un atteggiamento di ossequiosa deferenza da parte dell’autore nei confronti della sacertà dei soggetti e dei momenti illustrati, e che l’esito evocativo di tale vaghezza allude alla concepibilità solo parziale dell’idea del divino.
Ma ciò su cui parrebbe utile volgere un’attenzione speciale è invece la questione, ben concreta, se di un lavoro del genere si avvertisse davvero l’esigenza da parte dell’umanità; o almeno, com’è ovvio, da parte di quel novero di umani che percepiscono il desiderio mistico-religioso e altresì quello estetico-artistico. Una simile ricerca emozionale dell’allusione al dogma attraverso il mezzo fotografico – sarebbe a dire – ha oppure no una propria chiara ragion d’essere nel sistema dell’arte?
La risposta arriva, ancora una volta, se si riesce a cogliere simultaneamente i punti di osservazione (e di azione) dei quattro elementi della catena creativa: l’autore, il critico, il presentatore (editore per il libro, gallerista per la mostra), lo spettatore. Qualora ognuno di essi (uno almeno per ciascuna delle quattro categorie) si riveli in grado di offrire il proprio sostegno autentico e sensato a favore del progetto, il prodotto di questo merita di esistere. Sicché, è appena il caso di aggiungere, il tenore della risposta – affermativo o negativo – potrà anche in questo caso dipendere solo dai fatti susseguenti alla pubblicazione e all’esibizione: quindi dalle reazioni e dalle eventuali azioni (creative in quanto accrescitive di significato e di valore) di coloro che osserveranno l’opera in veste di destinatari ultimi.
Carlo Gallerati
Carlo Gallerati, Enrico Nicolò e l’estetica dell’allusività, in “Enrico Nicolò, Sgridò i venti e il mare – Intuizioni di immagini dai Vangeli, Palombi Editori, Roma, 2013”, pag. 84.