Ma come si può pensare di dare immagini, e quindi vita, alle parole e ai gesti di Gesù Cristo? C’è un’azione, infatti, che la mente di milioni di persone compie la domenica, ascoltando i brani del Vangelo. E non importa se la lingua usata è differente, perché comune è l’intendimento: immaginare, dalla Sacra Scrittura, i passi e i luoghi entro i quali un personaggio così straordinario si muoveva. Un tentativo dalla doppia veste: difficile, perché non abbiamo alcun riferimento scenografico, ma libero per il motivo che ciascuno può ricostruire gli atti di Gesù e degli apostoli secondo il proprio sentire.
Senza dubbio una vasta filmografia ha dato storia e interpretazione visuale al Vangelo. Un lungometraggio però “chiude” in due ore un racconto che rischia la spettacolarizzazione offerta dal congegno stesso per cui il cinema è nato: sognare per dare forma a un fatto. L’essere umano ha sempre bisogno dell’immagine secca, unica, per avere universale testimonianza; prova ne sia che la fotografia nella nostra esistenza non può avere altri sostituti visivi. E in fondo, la sola “quasi” fotografia di Gesù è la Sacra Sindone, dove riusciamo ad avere certezza del suo calvario.
Enrico Nicolò con le sue fotografie azzarda l’impossibile in fotografia: far rivedere l’avventura e la svolta per l’umanità che sono state il cammino di Cristo. Con una grande acutezza, scartando a priori la fedeltà scenica del cinema, a favore di una nebulosità del ricordo, data dalla scelta di rinunciare al nitore assoluto. In questo senso si tratta di una serie di fotografie dalla peculiarità aperta, proprio perché sono i Vangeli i testi più aperti della spiritualità, fonte inesauribile di luce e vita.
In queste immagini di Nicolò ciascuno di noi potrà trovare il riscontro cercato ogni domenica; le sue fotografie sembrano porre all’osservatore le domande che segnano la storia della filosofia e delle religioni. Se c’è qualcosa di eterno, la sua comprensione deve appartenere a una scienza particolare, non fisica, e quindi metafisica? Forse che le questioni metafisiche vengono all’anima dall’intelletto divino, non avendo nulla di sensibile come la vera sapienza che è dietro il reale?
Questioni immense, per la nostra caducità di uomini. Che l’opera di Enrico Nicolò penetra e instilla come una clessidra continua: da viandante del tempo egli infatti riesce a fotografare quello che non si immagina di vedere. Una dote rara, e soprattutto imprevista, nella scena della fotografia contemporanea.
Andrea Attardi
Andrea Attardi, Vedere il Vangelo, in “Enrico Nicolò, Sgridò i venti e il mare – Intuizioni di immagini dai Vangeli, Palombi Editori, Roma, 2013”, pag. 79.